Le polveri senza fumo oggi normalmente in uso nelle armi da caccia sia ad anima liscia che rigata, da ormai oltre un secolo hanno sostituito la polvere nera e devono la loro ampia diffusione a due scoperte quasi parallele realizzate nel XIX secolo: la nitrocellulosa e la nitroglicerina.
La polvere nera ha posseduto sin dall'inizio della sua "carriera" doti di lancio assolutamente innegabili ma la generazione della nuvola di fumo allo sparo è sempre stata considerata un limite tanto in ambito militare che in ambito venatorio. Anche dal punto di vista squisitamente tecnico, la sua elevata vivacità per quanto mitigata negli anni, non permetteva di imprimere una velocità ai proiettili come desiderata dai più eminenti balistici.
Da queste esigenze nasceva la ricerca e già nel 1833 il chimico francese Henry Braconnot osservò che trattando il legno con acido nitrico concentrato si otteneva una sostanza estremamente infiammabile che chiamò "xiloidina".
Dopo alcuni anni - nel 1838 - sempre in Francia un altro chimico, Théophile-Jules Pelouze definì che trattando con acido nitrico concentrato sostanze contenenti cellulosa, si otteneva come derivato una sostanza fortemente infiammabile con capacità esplodenti. Il chimico la ritenne utile per i fuochi d'artificio e le assegno il nome di "cotone collodio".
Nel 1846 in Germania si segnò un'altra fondamentale tappa. Il chimico Christian Friedrich Shömbein verificò che unendo sia acido nitrico che acido solforico la nitrazione della cellulosa risultava più rapida e pressoché completa. Al prodotto risultate dal processo chimico venne assegnato il nome di "fulmicotone" o "cotone fulminante".
Nello stesso anno, 1846 (incredibile ma vero) a Torino il chimico Ascanio Sobrero sottopnendo a nitrazione la glicerina ottenne un composto altamente esplosivo ed instabile la "nitroglicerina".
In un solo anno due tappe fondamentali per la produzione delle moderne polveri infumi si erano realizzate, ma molto e molte vite dovevano essere sacrificate ancora, per ottenere composti in grado di essere considerati propulsivi efficaci e sicuri.
Ma su solo quasi vent'anni dopo, nel 1864 che il chimico britannico sir Frederich Augustus Abel riuscì a mettere a punto un processo che rendeva stabile la nitrocelllulosa sottoponendola ad abbondanti lavaggi e sfibratura in grado di eliminare le tracce di acido nitrico residue. A ruot a di Abel un militare prussiano il capitano Schultze ottenne una polvere infume mediante nitrazione di segatura di legna e stabilizzazione con il metodo messo a punto da Abel. La polvere prese il suo nome e venne perfezionata in Inghilterra dall'azienda che ne acquistò il brevetto; tale polvere si presentava in granuli biancastri e per questo fu la prima alla quale si assegnò il nome generico di "polveri bianche", per distinguerla dalla nera che continuava a dominare le scene militari e venatorie.
Alla polvere Schultze fecero ben presto seguito polveri scolpite ormai nell'olimpo della storia della caccia: E.C., Empire, Amberite, tutte britanniche e le italiane Acapnia e Randite, esclusive per le armi da caccia e non utilizzabili nelle armi da guerra perché troppo vivaci.
La strada era ormai aperta e nel 1870 il chimico austriaco Volkman ebbe a scoprire che alcool ed etere erano in grado di sciogliere certe nitrocellulose per formare una sostanza compatta e gelatinosa, affermando di fatto il processo di gelatinizzazione. Di seguito nel 1884 l'ingegnere francese P. Vieille realizzò la prima polvere alla nitrocellulosa quasi completamente gelatinizzata, la polvere "B", realizzata in esclusiva per le armi da guerra. Questa fornì le basi per la successiva realizzazione di Rottweill e Cooppal i cui nomi, accendono inesorabilmente i ricordi di molti cacciatori.
Parallelamente c'èra in atto un grande fermento per gli studi relativi alla nitroglicerina. Nel 1967 il chimico svedese Alfred Bernhard Nobel trovò che facendo assorbire la nitroglicerina da sostanza inerte, questa perdeva la sua pericolosissima sensibilità agli urti e diveniva utile per scopi militari e minerari.
A seguito di questa sua scoperta ed a distanza di quasi vent'anni da essa lo stesso Nobel nel 1888 compì il passo decisivo: variò le proporzioni delle componenti ottenendo la balistite formata da 50 parti di nitroglicerina e 50 parti di cotone collodio, creando il presupposto per un futura famiglia di polveri che avrebbero fatto la storia della caccia moderna.
Oggi le moderne polveri, pur avendo come base i componenti suddetti sono state molto "aggiustate" diminuendone l'erosività sugli acciai e le temperature di combustione e con l'inserimento di antiacidi in grado di contrastare la tendenza alla corrosività dei residui.
1 - canne 2 - tavola della bascula 3 - perno di rotazione 4 - faccia della bascula 5 - tenoni 6 - tassello 7 - dorso del tenone
La forza assiale è contrastata dal perno di rotazione (3), dal tramezzo tra i due tenoni e dalla faccia della bascula.
La forza rotativa è contrastata dal tassello (6) che penetra nei due tenoni (5)
In realtà dei due tenoni quello che ha maggior efficacia, perché più distante dal perno di rotazione, è il secondo tanto che quello più vicino potrebbe anche non essere necessario. I produttori moderni hanno comunque ormai consolidato il sistema utilizzando i due tenoni. Questo duplice sistema di tenuta a tenoni prende il nome di "Duplice Purdey".
La forza assiale è contrastata dal materiale di cui sono costituiti tenoni e piano di bascula. Il metallo del quale sono costituiti, essendo un materiale elastico, prima si inflette con la sollecitazioni, distaccando le canne dalla faccia della bascula poi ritorna nella posizione originaria. Il distacco non è percepibile all'occhio umano ma esiste e questo fu intuito da W.W. Greener che rilevò la necessità di impedire tale movimento, celebrando con questa intuizione il suo genio nell'individuare la corretta soluzione. Nel 1865 W.W. Greener construì una doppietta la cui bindella si prolungava sino ad incastrarsi nella bascula. Il prolungamento portava un foro che veniva attraversato da una spina rotonda. Aveva messo a punto la "Triplice Greener" universalmente riconosciuta che perfezionò successivamente brevettandola nel 1873.
Questa chiusura negli anni successivi incontrò un grandissimo favore e alla scadenza del brevetto fu copiata da molti produttori di fucili da caccia. Ma le copie difficilmente riescono bene come l'originale e la triplice Greener ne è l'esempio sintomatico, solo chi l'aveva realizzata quale soluzione a problemi evidenziati, raggiunse perfettamente lo scopo. Nella triplice Greener la spina è a sezione circolare, la cui lavorazione al tornio risulta semplice ed efficace; in altre soluzioni la spina è a sezione quadrata, molto più difficile da lavorare. Altri hanno mantenuto la spina tonda realizzandola di una sezione inferiore rispetto al foro, elemento che a volte sotto lo sforzo dell'azione radiale dello sparo ha provocato l'incurvamento della spina bloccando il fucile.
Quando il fucile da caccia è chiuso la triplice realizzata secondo Greener opera in sintonia con le altre due chiusure conferendo allo stesso una assoluta stabilità. E' più probabile che un fucile così costruito possa esplodere piuttosto che le chiusure si allentino.
C'è un modo simpatico ma stesso sperimentato su una doppietta a cani esterni per verificare se la Greener lavora bene oppure no. Basta affumicare l'interno del cerchio con una candela. Chiuso e riaperto il fucile se l'occhiello è pulito significa che la terza chiusura lavora e le superfici sono perfettamente a contatto.
La terza chiusura Greener non è l'unica che raggiunge lo scopo di contrastare egregiamente la forza rotativa ma altre ne furono realizzate.
Ottima è la Westley Richards altrimenti detta "a testa di bambola". Anch'essa nasce nella seconda metà dell'ottocento e fu adottata dal costruttore unica chiusura; solo successivamente fu aggiunta anche nei fucili Westley Richards la duplice Purdey conferendo alla struttura di queste armi assoluta tenuta.
Mobirise
La realizzazione della testa di bambole è difficoltosa, ma la sua corretta esecuzione e quella della sede ove alloggia, garantisce la perfezione della chiusura.
Altro sistema per la terza chiusura fu messo a punto da Purdey che già aveva messo a punto il sistema della duplice universalmente adottato. Per la verità Purdey mise a punto due triplici la seconda molto più efficace della prima. Nel primo tipo posto sopra gli estrattori c'è un tenone che finisce in una sede nella faccia della culatta e viene ad essere bloccato nella sua parte superiore da un nottolino azionato dalla chiave di apertura. Il sistema tendeva poco resistente tendeva a danneggiarsi con facilità. Per questo Puredy ideo il "2° tipo" ove il nottolino fu sostituito da un tassello che scorreva avanti ed indietro sempre azionato dalla chiave di apertura. Il sistema Purdey, anche del secondo tipo, lavora in contrasto alla forza rotazionale ma non è efficace per contrastare il distacco delle canne dalla faccia della bascula.
Scott altro grande costruttore di doppiette da caccia, modificò leggermente il concetto Purdey, modificando direttamente la chiave di chiusura e facendo si che il tassello della terza chiusura fosse un tutt'uno con essa. E' riconoscibile con semplicità dalla precedente, nella Purdei il tassello si muove avanti ed indietro nella Scott da sinistra a destra.
In ultimo ricordiamo la triplice Webley detta anche "ritegno a vite". In questa chiusura la bindella ha un prolungamento a gradino sul quale si appoggi la testa di una vite fatta ruotare dalla chiave di apertura. All'apertura del fucile la vite si alza e svincola il prolungamento; alla chiusura la rotazione della vite blocca il prolungamento. La sua esecuzione è estremamente costosa e possiamo trovarla nei fucili fini Lebeau & Courally che in passato fu socia di Webley.
Per concludere l'argomento delle chiusure non si può non parlare di chiusure simili tra loro quali la T inglese o il brevetto Lefaucheux. Queste chiusure erano caratterizzata dall'avere una leva inferiore che faceva ruotare un maschio a T verticale cha agganciava i tenoni alla base delle canne. La struttura era possente e poneva il problema di un aggravio di peso del fucile da caccia.